Capita raramente che il titolo di un film si richiami direttamente a una precisa data. All'estensore vengono in mente solo Nato il 4 luglio, confuso pastiche nazional-pacifista di Oliver Stone (1989), e il volonteroso 32 dicembre di Luciano De Crescenzo (stesso anno), data immaginaria in compenso suffragata dall'eccezionale presenza del filosofo-linguista Silvio Ceccato nel ruolo del folle Cavalier Sanfilippo che si crede Socrate.
Ma Quatorze juillet basta per tutti. Intanto perché si richiama a una data, quella della presa della Bastiglia, senza la quale il mondo e la società sarebbero stati diversi (peccato che, appena due secoli esatti dopo, la caduta del muro di Berlino abbia rimesso in discussione il tutto). Poi perché la festa nazionale francese è di per sé un evento unanimemente sentito a ogni scadenza, qualsiasi aria tiri dalle parti di Parigi. Infine perché il film di René Clair (1932), da noi appunto Per le vie di Parigi, è quanto di più delizioso e garbato, quasi a contrappasso di ogni retorica, si possa immaginare.
Sintetizza il Morandini: «Due giovani si amano, bisticciano, si dividono, tornano ad amarsi, e per sempre. Durante il distacco la ragazza perde la madre e rischia di perdere la purezza. E lui devia un po'. In una Parigi resa ancor più parigina dai festeggiamenti del 14 luglio questa commedia tenera, graziosa e leziosa è dominata dalla filosofia della cartolina per innamorati: i personaggi sono poco più che segni di sentimenti teorici. È, forse, il meno invecchiato dei primi film sonori di Clair, grazie alle scenografie di Lazare Meerson, alla gentilezza di Annabella e soprattutto alle musiche di Maurice Jaubert».
Come quella festa è la vera force de frappe della Francia, così questo film esprime alla meglio l'essenza di certo cinema francese, quella che ci avrebbe condotto, mutatis mutandis, a François Truffaut. Anche se la vera “presa del cinema” ci sarebbe giunta da ben altri autori, Jean Renoir in primis. E il suo La Marseillaise (1937), per restare in argomento, sta lì a dimostrarlo.