Il 20 maggio 1970 tre notissimi nomi dello spettacolo vengono incriminati per detenzione e spaccio di cocaina. La lapidazione mediatica è immediata in un'Italia immemore di quanto quella droga – sin dai tempi di Pitigrilli (il romanzo Cocaina è del 1921) – abbia caratterizzato la società intellettuale e politica (vedi fascismo) o comunque le classi elevate, e di quanto si sia vieppiù diffusa. Ma “oportet ut veniant scandala”, ovvero: a volte per scatenare una giusta reazione o per far emergere un problema è necessario un evento scandaloso. Anche, come in questo caso, per far dimenticare problemi o reati più gravi.
Un'intercettazione telefonica (già allora) coglie Lelio Luttazzi girare a uno sconosciuto, che poi si rivelerà un autentico spacciatore, un messaggio di Walter Chiari, che riguarda anche Franco Califano, e scatta l'arresto per tutti e tre. Poco da dire sul discusso cantante, che risulterà recidivo nel 1983 e implicato anche in porto abusivo d'arma, sebbene assolto "perché il fatto non sussiste". L'attore resta in carcere 70 giorni; processato l'anno successivo, viene prosciolto dall'accusa di spaccio e condannato con la condizionale per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale. L'unico davvero innocente trascorre in carcere 27 giorni, dopo di che la sua posizione viene stralciata.
Er Califfo prosegue imperterrito nel suo stile di vita lussuoso e sregolato, tra donne, droga, cattive compagnie, con la conseguenza di dilapidare l'intero patrimonio e di rendere abituali i problemi con la legge, ma non viene intaccato il suo mito.
Per Walter inizia il declino: emarginato dalla Rai, ignorato dai produttori teatrali, si adatta a lavorare in film di serie B e nelle emergenti TV private e stenta a ritrovare una collocazione, anche perché nel 1983 viene di nuovo implicato, benché incolpevole, in una faccenda di droga, ma tutto sommato reagisce a modo suo.
Per Lelio, di cui oggi si ricorda il novantaduesimo genetliaco, le cose vanno anche peggio (racconterà la sua esperienza nel libro Operazione Montecristo, Mursia, 1970): è lui stesso, offeso nell'intimo e amareggiato dalla campagna scatenata contro di lui, a ritirarsi dalla vita artistica, per comparire solo raramente, e dopo più di vent'anni, a qualche trasmissione come ospite, e dopo trentasei anni dal suo arresto a riaffacciarsi in Rai. La sera dell'8 ottobre 2006 è infatti ospite d'onore della trasmissione di Fiorello Viva Radio 2, mentre il 23 febbraio 2008 è Fabio Fazio ad accoglierlo in Che tempo che fa. Ma che cosa ci siamo persi?
Musicista, compositore (anche per il cinema), cantante, direttore d'orchestra, presentatore, prima in radio e poi in tv, è un innovatore di successo, animato da garbate provocazioni e ironie e sostenuto da un forte talento di jazzista. Ma è stato anche valido attore cinematografico: L'avventura (1960, di Antonioni), L'ombrellone (1964, di Risi), La vendetta della signora (1965, di Bernard Wicki), Io, io, io... e gli altri (1965, di Blasetti). Lo si può vedere – spiritoso e nostalgico, sebbene già fisicamente provato, una delle sue ultime apparizioni – nel bel documentario La città di Angiolina: Trieste ai tempi del film Senilità (2009, di Gloria De Antoni e Oreste de Fornari).