A Broadway, al Teatro Fulton, va in scena la commedia Gigi, diretta da Raymond Rouleau e tratta dall'omonimo romanzo di Colette nell'adattamento di Anita Loos (quella de Gli uomini preferiscono le bionde e de Gli uomini sposano le brune, nati negli anni '20 e riportati alle glorie del cinema negli anni '50, grazie al duo Marilyn Monroe-Jane Russell).
La protagonista, al suo esordio teatrale, è una certa Audrey Hepburn, una ventiduenne britannica che ha fatto qualche particina al cinema ma che è stata scelta personalmente da Colette, incantata – lei che di donne e di fanciulle in fiore se ne intende – dalla sua innocente freschezza.
La commedia non solo è un successo di critica e di incassi (resterà in scena sei mesi), ma fa ottenere ad Audrey il Theatre World Award per la miglior debuttante, proprio a lei che, dopo aver visto il suo nome illuminato sul cartellone, avrebbe esclamato: «Oddìo, e devo ancora imparare a recitare!» Le apre, quel che più conta, le porte di Hollywood, e Vacanze romane (1953, di William Wyler) non è un film qualsiasi, disponendo di ben tre star: Roma, la Vespa e – buon'ultima – lei, la principessa grissino, come la chiamano i giornali.
Da subito, e ancor più dopo Sabrina (1954, di Billy Wilder), Guerra e pace (1956, di King Vidor) e Arianna (1957, ancora di Wilder), la giovane Audrey piace alle ragazze, che tentano di imitarla almeno nell'acconciatura (Arianna nel 1957 diventa persino il nome di una nuova rivista femminile della Mondadori), meno ai ragazzi, che lamentano la sua ipotrofia mammaria, invano occultata da camicette troppo ampie e svolazzanti. Ma nell'onomastica da allora le Sabrine e le Arianne proliferanno.
Poi Audrey si fa “monaca” (Fred Zinnemann, 1959) e, nonostante altre prove memorabili, il nostro immaginario si ferma.