L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

Quel musicista in Lombardia

 

Quando si pensa a quella gloriosa istituzione che fu il Piccolo Teatro della Città di Milano in via Rovello, la si associa immediatamente ai nomi di Paolo Grassi, dinamico imprenditore della cultura, e di Giorgio Strehler, geniale regista innovatore. Più raro che ci si ricordi del terzo fondatore, Fiorenzo Carpi (de Resmini), di cui lo stesso Strehler dirà: «Il mio teatro è tenuto insieme dalle note di Fiorenzo Carpi. Molto spesso la sua musica ha dato, all'inizio o durante il lavoro, la "chiarificazione" interna di cui avevo bisogno, l'illuminazione di un "tutto" che non riuscivo ad afferrare».

Estremamente prolifico, mai corrivo, il pianista Carpi (nato in questo giorno, figlio del pittore Aldo, quello del Diario di Gusen, che documenta la vita nei Lager nazisti) proviene dalla musica colta, ma presto la pone al servizio dello spettacolo, e non si sa come meglio ricordarlo.

Scrisse anzitutto indimenticabili musiche di scena per quasi tutti gli spettacoli messi in scena, appunto, da Strehler, ma non fu certo l'unico regista teatrale ad avvalersi di lui: collaborò infatti con Dario Fo, Vittorio Gassman, il Teatro dei Gobbi (Valeri, Caprioli, Bonucci, Salce), Franco Parenti, Giustino Durano, e ancora Patrice Chéreau, Eduardo De Filippo, ecc.. E all'estero con il Théâtre National Populaire di Lione, con il Theâtre d'Europe Odéon di Parigi, con la Comédie Française, con il Teatro Nacional di Madrid, lo Schauspielhaus di Vienna, il Festspielhaus di Salisburgo, lo Schauspielhaus di Monaco.

Non meno importanti le sue musiche per film, fresche e argute, con cadenze popolari miste a reminiscenze classiche (scrisse persino minuetti “settecenteschi”). Da ricordare almeno la sua collaborazione con Louis Malle (Zazie nel metrò, 1959; Vita privata, 1961), con Vittorio Caprioli (Leoni al sole, 1961; Parigi o cara, 1962; Splendori e miserie di Madame Royale, 1970), con Luigi Comencini (Incompreso, 1966; Le avventure di Pinocchio, 1971; La storia, 1986), con il primo Tinto Brass (L'urlo, 1968; La vacanza, 1971), con Vittorio De Seta (Diario di un maestro, 1971), con Patrice Chéreau (L'uomo ferito, 1983), con Carlo Mazzacurati (Notte italiana, 1987; Il prete bello, 1989), secondo scelte spesso non casuali.

Ma noi vogliamo qui ricordarlo per tre sue canzoni, rispettivamente su testi di Strehler (Ma mi), Dario Fo (La luna è una lampadina) e addirittura Franco Fortini (Quella cosa in Lombardia), che segnano un'epoca.

«Ma mi, ma mi, ma mi, / quaranta dì, quaranta nott, / a San Vittur a ciapaa i bott, / dormì de can, pien de malann!... // Ma mi, ma mi, ma mi, / quaranta dì, quaranta nott, / sbattuu de su, sbattuu de giò: / mi sont de quei che parlen no!»

«La luna l'è ona lampadina... taccada in sul plafon / e i stell paren limon traa giò in dell'acqua, / e mi sont chi, Lina, 'nsul marciapeè / che cammini avanti e indré / e me fann mal i pee, Lina!»

«Sia ben chiaro che non penso alla casetta / due locali più i servizi, tante rate, pochi vizi, / che verrà quando verrà…/ penso invece a questo nostro pomeriggio di domenica, / di famiglie cadenti come foglie, / di figlie senza voglie, di voglie senza sbagli; / di millecento ferme sulla via con i vetri appannati / di bugie e di fiati lungo i fossati della periferia…»