Buňuel: autoritratto
«Il primo film che ricordo di aver visto era di un morto, un paralitico. Mi aveva molto impressionato. C'era una coppia che viveva in una casa isolata, il paralitico era seduto su una poltrona e sua moglie lo uccideva. Poi il fantasma di questo paralitico appariva sulla poltrona e la donna gesticolava inorridita.
Non rinnego il surrealismo: mi ha rivelato che nella vita c'è un senso morale che l'uomo non può evitare di seguire. Credevo nella libertà totale dell'uomo ma nel surrealismo ho visto una regola da osservare. E' stata una grande lezione e anche un grande passo meraviglioso e poetico. Ciò che pretendo fare con i miei film è inquietare, violare le regole del conformismo che vuol far credere alla gente che si vive nel migliore dei mondi possibili. Ma questo non vuol dire che nella mia vita privata io sia l'incarnazione di un'ideologia sovversiva, che commetta atti sacrileghi, che rompa i vetri alle banche o vada a fare il solletico alle monache.
Ho sempre seguito il principio surrealista "la necessità di mangiare non giustifica mai la prostituzione dell'arte". Su diciannove o venti film che ho fatto in Messico ce ne sono tre o quattro francamente brutti, ma in nessun caso ho infranto il mio codice. Erano film comandati da altri però sempre con una morale dentro, la mia. Non ho mai parlato bene di polizia, patria, clero, esercito.
Octavio Paz ha detto: "Basta che un uomo incatenato chiuda gli occhi perché possa esplodere l'universo". Parafrasando, io aggiungo: "Basterebbe che la bianca pupilla dello schermo potesse riflettere la luce che gli è propria, che farebbe saltare l'universo". Ma per il momento possiamo stare tranquilli poiché la sua luce è convenientemente dosata e incatenata.
Io sono profondamente e coscientemente ateo e non ho nessun tipo di problema religioso. Anzi attribuirmi una tranquillità spirituale di tipo religioso è innanzitutto non capirmi e poi offendermi. Non è Dio che mi interessa, ma gli uomini».
(«la Repubblica»)
[Questo autoritratto buňueliano è stato montato in occasione del documentario Il rasoio di Buňuel che realizzammo insieme per Raidue – Tatti Sanguineti, 2004]