Della scomparsa in questo giorno dell'ottantaduenne Chiaretta Gelli non si accorge quasi nessuno, nemmeno le vecchie Lune. Eppure a colei che era stata definita “la Deanne Durbin [altro nome dimenticato] italiana” le doti di cantante-attrice non mancavano e solo il mutato clima del dopoguerra e le mutate esigenze le fecero torto.
Bella voce, rivelata fin da ragazzina, atteggiamento spigliato, fisico minuto e poco formoso, aspetto mutevole e adattabile a vari ruoli tra il divertito e il dolente, Yvette Da Todi, nata casualmente a Smirne, aveva lo spettacolo nel sangue.
Dopo tentativi all'Accademia di Santa Cecilia e con vari impresari, è la Lux Film ad accorgersi di lei e a segnalarla a Raffaello Matarazzo, e al primo colpo fa segno: Giorno di nozze (1942) è un grande successo, come lo sarà l'anno successivo, con lo stesso regista, Il birichino di papà, da un romanzo per adolescenti allora di gran voga, certo il suo film migliore: un guizzo di vivacità, quel suo imprevedibile “maschiaccio”, in un cast che comprende il cespuglioso Armando Falconi, Anna Proclemer (ancora Anna Vivaldi) e il belloccio Roberto Villa.
Con le difficoltà belliche si dedica forzatamente alla canzone (lei che nel 1942 ha inciso per la Cetra La maestra se ne va, il diffusissimo “inno delle studentesse fasciste”) su disco, alla radio o dal vivo nel teatro di varietà, attività proseguita anche nel primo dopoguerra. Attorno a lei frullano nomi come Garinei e Giovannini, Galdieri, Paone e Mattòli. È quest'ultimo a dirigerla nel suo primo film del dopoguerra, Partenza ore 7 (1945), cui seguono il notevole Albergo Luna, camera 34 (1946, di Bragaglia), misto di noir e di mélo, e, ancora di Matarazzo, il modesto Lo sciopero dei milioni (o Abbasso la fortuna!, 1947).
Ma non c'è più spazio per lei, e la attendono – come spesso accade a certe meteore – la famiglia e i figli.