Prima che ci si potesse appassionare per l'avventura spaziale (il lancio del primo Sputnik il 4 ottobre 1957 costituisce in questo senso uno spartiacque) c'erano altri intrecci tra avventura e scienza, molto più “terrestri”, che attiravano l'attenzione dell'opinione pubblica, a ogni strato sociale e livello di conoscenza. Per esempio le imprese dello svizzero Auguste Piccard, un bizzarro scienziato, fotocopia del professor Trifone Girasole delle avventure di Tintin, e del suo batiscafo “Trieste” – e tutto sa di molto patriottico quando la città di Svevo non è stata ancora congiunta all'Italia – per l'esplorazione delle profondità marine: una sorta di sigaro gigante con il quale il 30 settembre 1953, raggiunse i 3150 metri nella fossa del Tirreno al largo dell'isola di Ponza (con a bordo il figlio Jacques il Trieste nel gennaio 1960 raggiungerà i 10.911 metri nella fossa delle Marianne nel Pacifico).
Ma l'impresa che destò maggior impressione, anche grazie all'esistenza di un autentico film documentario a supporto (e non di semplici riprese da cinegiornale) fu quella del Kon-Tiki, che oggi rievochiamo in occasione della nascita del suo ideatore. Il nome di Thor Heyerdahl resta infatti legato alla spedizione della zattera di balsa Kon-Tiki nel 1947 e all'omonimo film documentario di produzione americana, che nel 1950 fu un autentico evento mediatico e nel 1951 conquisterà l'Oscar: illustra il viaggio di 110 giorni, con sei uomini a bordo, da Callao, Perù, all'atollo di Rarola, Polinesia, per dimostrare la possibilità della più antica migrazione umana, ed è un piccolo capolavoro (oggi visibile su YouTube in edizione russa!).
Per parafrasare Jerome K. Jerome, sei uomini in barca per non parlar del pappagallo, seguiti passo per passo prima, durante e dopo la loro impresa. Zattera costruita con tecniche primitive e materiali naturali, uniche concessioni al moderno una chitarra, una ricetrasmittente, un canotto gonfiabile per effettuare riprese dall'esterno e naturalmente una cinepresa 16mm. Più che i problemi della navigazione (ci pensano i venti e le correnti) sono i problemi quotidiani della sopravvivenza, alimentazione e idratazione (una volta esaurite le scorte di acqua), a riempire le giornate, ma a ciò provvede la risorsa inesauribile dei pesci, fornitori di carne e linfa. Nulla di drammatico né di epico, come vuole appunto la quotidianità. Ma una grande forza di volontà e una serena voglia di sperimentare e di dimostrare quanto era solo un'intuizione. Ed è un momento emozionante quando, giunti alla meta, riescono finalmente a dissetarsi con una noce di cocco.
L'antropologo e biologo norvegese Thor Heyerdahl, mutatosi in archeologo, ci ha abituato a straordinarie e spettacolari imprese, sin da quando nel 1937-1938 trascorre un anno nelle isole Marchesi vivendo con la moglie “come Adamo ed Eva”. Nel 1970 con un'imbarcazione di papiro dal Nord Africa raggiunge in 57 giorni l'isola di Barbados, dimostrando la fattibilità tecnica, già nell'antichità, di viaggi dal vecchio verso il nuovo mondo, e suggerendo che la somiglianza culturale tra i popoli precolombiani e le popolazioni assiro-babilonesi non è dovuta al caso (anche qui ne risulta un meno fortunato documentario: Ra, 1972, coregia Lennart Ehrenborg). Nel 1977 con una nave di giunchi, il Tigris, viaggia dalle rovine di Babilonia (Iraq) alle Maldive e a Gibuti, per verificare le possibilità di navigazione dei Sumeri 4000-5000 anni fa e dimostrare gli scambi culturali e commerciali in epoche molto antiche ad opera dei popoli mesopotamici.
Più tranquillamente morirà dalle nostre parti: il 18 aprile 2002 a Laigueglia (Savona), dove viveva dal 1958.