Pauline vs Andrew, in memoria / Kael al «New Yorker» e Sarris alla «Village Voice» (VII).
«Sebbene io sia lontana dall'entusiasmarmi per il tipo di cinema che fa John Cassavetes, dopo aver visto qualcosa come Joanna [di Michael Sarne], uno può tornare al cupo realismo naif di Faces con rispetto, se non con autentico affetto. Quando uscì Ombre, una decina di anni fa circa venne ritenuta in linea di massima un'improvvisazione di gruppo, piuttosto che il primo film di John Cassavetes. Ma dai brani dei due successivi film di produzione commerciale, I blues di mezzanotte e Gli esclusi, e ora da Faces, di cui pare aver avuto il pieno controllo, è altrettanto chiaro che è stato lui a fare Ombre, o che è stato Ombre a decretare il suo stile».
(Pauline Kael, The Corrupt end the Primitive, «The New Yorker»)