«Gainesville, Florida, novembre 1998. Mi svegliai e mi trovai il messaggio nella mano sinistra. Stavo tremando. Non si trattava di un fax, di un telegramma, di un memo o della solita comunicazione che porta brutte notizie. In effetti, in mano non avevo niente. Il tremito era il messaggio.»
Questo l'incipit di un libro coraggioso (Lucky Man, TEA, 2003) come coraggiosa era stata la pubblica confessione del settembre 1996 al settimanale People quando l'autore annunciò al mondo sbalordito che gli era stato diagnosticato il morbo di Parkinson, condizione neurologica degenerativa, attualmente non curabile, che solitamente colpisce persone molto più anziane: e lui di anni ne aveva appena trentasette.
Il lui in questione, il "lucky man", era e – fortunatamente – è Michael J. Fox, nato in questo giorno. E chi era rimasto incantato dalla sua fresca interpretazione della trilogia (intramontabile) di Ritorno al futuro, ma soprattutto chi avrebbe conosciuto, un lustro dopo, i sintomi della malattia e il progressivo deteriorarsi delle proprie facoltà (salvo poi scoprire, dopo anni di inutili cure, che la diagnosi era un'altra e diversamente curabile) rimase sgomento nell'apprenderlo.
Eterno giovane, Michael. A 15 anni partecipa a un provino per un ruolo di decenne nel programma televisivo Leo and Me e, grazie all'altezza e alla costituzione fisica, ottiene la parte. A 21 anni diventa famoso come protagonista della serie Casa Keaton, nel ruolo di un yuppy-teenager, ed è a 24 che, proprio grazie al suo aspetto adolescenziale, viene scelto da Spielberg per recitare, accanto a Christopher “Doc” Lloyd in Ritorno al futuro di Robert Zemeckis, un successo planetario. Il suo Marthy McFly, che “ritorna” nei due sequel del 1989 e del 1990, se da un lato gli ottiene un grandissimo seguito, dall'altro lo imprigiona come eterno teenager, ruolo dal quale tenta invano di uscire grazie a Il segreto del mio successo (1987, Ross), Le mille luci di New York (1988, Bridges) e Vittime di guerra (1989, De Palma). Sarà ancora una serie tv, Spin City (1996-2000), a riportarlo in auge (il suo bottino complessivo in questo campo è di quattro Golden Globe, due Screen Actors Guild Awarda e cinque Emmy Awards), anche se deve sospenderla causa la malattia.
Le poche successive apparizioni (per esempio in Mars Attacks!,1996, Burton) parrebbero segnare un uomo finito, ma la tempra è forte, tanto da permettergli nel 2013 di condurre la sitcom The Michael J. Fox Show, ispirata alla sua storia personale e soprattutto di impegnarsi nella sua Fondazione per la ricerca sulle cellule staminali.
Onore al merito!