Non c'erano docce (e forse soltanto tinozze) nel 1868 in casa March, a Concord (New England) ma solo quattro graziose “piccole donne” che nella più nota tra le sette versioni cinematografiche del romanzo di Louisa May Alcott, quella diretta nel 1949 da Mervyn LeRoy (la migliore è forse quella di George Cukor del 1933) corrispondono ai volti di June Allyson (l'indomita e intellettuale Jo), Elizabeth Taylor (la vezzosa ed egoista Amy), Margaret O'Brien (la dolce e malaticcia Beth), e buona ultima Janet Leigh (la pratica e ragionevolmente romantica Meg), che non lasciava molte tracce risultando la meno connotata e significativa. .
Undici anni dopo una doccia non poteva mancare nel motel di Norman Bates, in Arizona, dove per sbaglio (e quale sbaglio) si rifugia Marion Crane, ladruncola per amore, e mal gliene incoglie, come tutti sanno. Nel ruolo Janet Leigh non è particolarmente brava (del resto, al solito, il regista Hitchcock usa lei e gli altri come “materiale umano”) né particolarmente sexy, eppure la sua Marion e l'erotismo che ne sprigiona la marchieranno per tutta la vita. Lei resta quella di Psycho e lo resta anche quando audacemente nel 1998 Gus Van Sant ricalca inquadratura per inquadratura il modello, compresa la scena della doccia che ha solo qualche particolare anatomico in più. Tra l'altro, anche la Marion di quel clone a colori che è il nuovo Psycho, Julianne Moore, non fa nulla per eternarsi come se stessa..
Pure Janet Leigh, nata in questo giorno, non ha molto per cui farsi ricordare come se stessa. Scoperta ancora universitaria dall'attrice Norma Shearer, vedova di Irving Thalberg, uno dei più grandi produttori della Metro-Goldwyn-Mayer, le viene assicurato non ancora ventenne un contratto con la MGM e fa il suo esordio cinematografico in La cavalcata del terrore (1947, di Roy Rowland), nel ruolo della ragazza oggetto delle attenzioni del protagonista Van Johnson. Nella sua filmografia, che annovera una settantina di titoli, più varie cose televisive, si stenta a trovare film e/o interpretazioni memorabili, salvo che – prima di Psycho – Lo sperone nudo (1953, di Anthony Mann), Mia sorella Evelina (1955, di Richard Quine) e l'altrimenti celebre L'infernale Quinlan (1958, di Orson Welles), e – dopo Psycho – Va' e uccidi (1962, di John Frankenheimer) e Ciao ciao Birdie (1963, di George Sidney, nonché, volendo, l'italiano Ad ogni costo (1967. di Giuliano Montaldo).
Evitando accuratamente in tutti i film di comparire sotto la doccia.