Una settimana con Griffith alla “Biograph” (I)
I contemporanei non lo sanno, ma probabilmente il giorno prima è uscito il primo autentico capolavoro della storia del cinema, A Corner in Wheat, la centottantanovesima regìa di Griffith per conto dell'”American Biograph & Mutoscope Company” presso i suoi studi di New York.
L'appassionante lavoro filologico di riconoscimento degli attori griffithiani (e in genere del periodo pionieristico del muto, nel quale non esistevano credits neppure per i registi; prevaleva unicamente il logo della produzione, talvolta impresso anche in particolari di qualche scena a scopo anti-pirateria) ha consentito di identificare nel protagonista - il “Re del Grano” - Frank Powell, in sua moglie Grace Henderson (nota attrice teatrale che aveva cominciato a lavorare con Griffith in età matura e già affermata), nella consorte del contadino la moglie stessa di Griffith all'epoca, Linda Arvidson, e nelle molteplici figure di contorno (in un film corale, di piccoli gruppi simulanti masse) interpreti che diverranno centrali nella successiva parabola griffithiana, lungometraggi inclusi, come in particolare Henry B. Walthall e Robert Harron (che saranno rispettivamente il “piccolo colonnello” protagonista e Tod Stoneman, il fratello minore di Elsie/Lillian Gish in Nascita di una nazione), qui tra i tanti che si agitano per la rovina in Borsa, assieme addirittura a Mack Sennett, peraltro assai presente sui set di Griffith in questi anni.
“Purtroppo su lavoro e cibo / incrollabilmente regnano / leggi sconosciute” sentenziava il Brecht “minore” de La bottega del pane. In questo film, che a centoquattro anni dalla sua realizzazione torna inopinatamente di un'attualità forse imprevedibile, Griffith visualizza la separatezza dei protagonisti del conflitto e dei loro mondi, quale risalta dalle pagine di Norris [The Pit, 1903, il romanzo postumo dell'incompiuta Trilogia del grano] da cui prende le mosse, componendo la narrazione in altrettanti spaccati: la parabola esistenziale arrogante del Re del Grano, le tensioni conflittuali nella bottega del pane, i contraccolpi dell'inconoscibile mercato finanziario sul mondo rurale, si disegnano senza mescolarsi né sovrapporsi. Eppure gli ultimi due ambienti sono continuamente sottoposti, secondo una legge non sovvertibile, alla tirannia del “libero commercio”.
Partendo da richiami al testo di Frank Norris, nel quale la cifra stilistica è mantenuta nei limiti del convenzionale [cfr. Maxwell Geismar, Il romanzo in America. I. Ribelli e antenati, Il Saggiatore 1963], Griffith sa pervenire, sfruttando fino in fondo in maniera sbalorditiva, rispetto alla “primitività” di epoca e contesto, le risorse dialettiche del montaggio, a un'essenzialità espressiva e a una trasparenza linguistica tanto maggiori quanto più sistematico e coerente è il ricorso alla selettività degli elementi narrativi.
Consiglio a chi abbia letto fin qui: se ancora non lo conoscete, andatevelo a cercare su Youtube e sicuramente sbalordirete.