Ha appena 44 anni quando, per un attacco cardiaco, scompare uno degli attori più promettenti del grande e piccolo schermo, nonché del palcoscenico, italiani. Ha un fratello, di poco minore, che non è ancora deputato ma che conoscerà una lunga e tormentata vicenda politica, tuttora avventurosamente in corso, grazie anche a un trapianto di cuore (lui sì) felicemente riuscito. Hanno in comune (con poco altro, almeno nella stima pubblica) un cognome importante, anche se il primogenito vi ha in parte rinunciato. Sono Bruno Cirino e Paolo Cirino Pomicino.
Non parleremo della carriera teatrale di Bruno, iniziata sotto la guida di Eduardo, proseguita con Zeffirelli, De Lullo, Patroni Griffi, poi con la cooperativa “Teatroggi” (da lui stesso fondata, con Roberto Bisacco, e che agisce nella borgata di Centocelle) e con Trionfo: memorabile il suo Idiota del 1977, anche se il suo maggior successo era stato nel 1974 Cassio governa a Cipro di Giorgio Manganelli, dall'Otello di Shakespeare, regia di Gianni Serra.
Proprio a quest'ultimo nome (un regista che andrebbe meglio conosciuto e valutato) restano legate ottime esperienze televisive: il “Teatro Inchiesta” Il processo Cuocolo (1969), che lo vede protagonista, così come Dedicato a un medico (1973), che apre la discussione sugli ospedali psichiatrici, lui che con Dedicato a un bambino (1970, regia di Gianni Bongioanni) si è già occupato del disagio infantile. Efficace anche come Michelangelo in La vita di Leonardo da Vinci (Castellani, 1971), è però l'esperienza di verità e di vita di Diario di un maestro (De Seta, 1972), sulle difficili ma gratificanti esperienze di insegnamento in una borgata romana, ad assicurargli una memoria perenne: un indimenticabile film-tv-verità in cui la forza del messaggio si fonde con la naturalezza dell'impianto.
Nel cinema vero e proprio purtroppo sono limitate le occasioni, anche se sempre coerenti: Sierra maestra (Giannarelli, 1969), Mordi e fuggi (Risi, 1972), Le farò a padre (Lattuada, 1974), Allónsanfan (Taviani, 1974), ma una sola le vale tutte: quella da protagonista in Libera, amore mio! (Bolognini, 1973), un film tutto da riscoprire, dopo l'ostracismo decretatogli da destra e da sinistra concordi.
Insomma, grande come attore e come uomo: l'impegno fatto persona, ma nessuna pedanteria.
E che dire, a questo punto, del fratello Paolo, noto anche con il soprannome 'o ministro e con lo pseudonimo Geronimo, un percorso politico tutto democristiano (di ieri e di oggi) tra Andreotti, Mastella, Rotondi e Giovanardi, una carriera costruita su di sé prima che sul partito, una contrastata signoria su Napoli, due volte ministro, coinvolto in molteplici inchieste e 42 volte processato, condannato per finanziamento illecito ai partiti e per corruzione ma anche prosciolto e prescritto, infine parlamentare europeo e poi di nuovo, come ai bei tempi, deputato nazionale?
Per carità di patria, diciamo soltanto che lo si è visto, interpretato efficacemente da Carlo Buccirosso, nel Divo di Sorrentino, e che lo si può vedere spesso al mattino su La7 a discettare di economia.