10 settembre 1938
«Parlare di razza, oggi per noi non significa altro che riprendere i nostri vecchi argomenti di battaglia […]. Il cinema italiano, per adeguarsi allo spirito dei nostri concetti razziali, non ha che un passo da compiere [...]: quello di portare sullo schermo i tipi che meglio rappresentano il carattere particolarissimo dell'italiano [...]. E' necessario che il cinema risponda in maniera concreta a questi principi, che ne sia anzi lo strumento esemplare [...]. Crediamo […] che sia doveroso e utile cominciare a mettere in valore, sia in certi ruoli, sia specialmente nelle figure di sfondo, tipi italiani tra i più caratteristici e i più belli in senso razziale. Fare del cinema con la nostra gente e non con elementi che si sforzano di imitare altra gente e altre espressioni da noi lontane o, peggio, altre razze! E' forse inutile dire che le comparse, ossia quelle figure che nel film rappresentano la folla, il popolo in generale, assumono perciò un'importanza non piccola». (Razza italiana e cinema italiano (editoriale), “Cinema”, n. 53)
10 settembre 1940
«L'eccezionale importanza della Settimana Cinematografica di quest'anno non può sfuggire […]. Questa mostra di guerra - in cui la produzione italiana e germanica appare in crescente rigogli o- dimostra definitivamente la vitalità del nostro cinema, su cui nemmeno un evento quale la guerra incide. Si può dire, anzi, che agisce da stimolo. Quest'anno a Venezia si consacra la posizione fondamentale assunta dal cinema, specie attraverso il documentario, nella vita dei popoli e in quello che di tale vita è l'atto più alto e probativo, la guerra. Le documentazioni cinematografiche delle vittorie tedesche e italiane hanno confermato il giudizio del Duce sull'arma più forte. Il livello raggiunto dalla cinematografie italiana e tedesca […] anticipano quella che sarà l'Europa cinematografica di domani, dopo la definitiva vittoria dell'Asse» (Alessandro Pavolini, Il ministro Pavolini per la Settimana di Venezia, “Cinema”, n. 101)
«Le attività cinematografiche tedesca e italiana anche nell'anno di guerra 1940 si uniscono di nuovo in una comune Mostra, che deve dare testimonianza delle creazioni artistiche della produzione filmistica di questo ultimo anno. Nessun'altra cosa più di questo fatto potrebbe documentare in maniera evidente la volontà nel campo colturale e la forza creatrice dei due giovani popoli. Mentre la produzione cinematografica dei nostri nemici si trova in uno stato di disorganizzazione, e addirittura di completo disfacimento, la produzione cinematografica tedesca e italiana, malgrado tutte le esterne difficoltà, portata innanzi dall'impulso spirituale di due grandi rivoluzioni, va indirizzandosi verso sempre più mirabili e migliori opere». (Joseph Goebbels, Il Ministro Goebbels per la Manifestazione di Venezia, ibidem)
10 settembre 1966
«Telefono a Chiarini. Lui mi fa: “Beh, com'era?”. Gli rispondo: “Luigi, è un capolavoro”. “Ma dài...”. “Ti dico che è un capolavoro: dobbiamo dedicargli l'apertura o la chiusura della Mostra...”. “Bravo, adesso che hai scherzato dimmi la verità...”. Ci volle del tempo per fargli capire che parlavo seriamente, ma solo quando il film arrivò al Lido una settimana dopo si convertì anche lui a Louis XIV e lo trasformò in un fiore all'occhiello, piazzandolo nella serata della premiazione il 10 settembre. Agli applausi del pubblico rispose, all'uscita, il fragore dei fuochi artificiali. Ne vedo ancora il luminoso intermittente riverbero sul volto sorridente di Rossellini, di cui quel trionfo al Lido segnò l'ennesima e definitiva risurrezione». (Tullio Kezich, Cari centenari..., Falsopiano, Alessandria 2006)